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La Retribuzione professionale docenti non può essere compensata con l’Indennità di Disoccupazione

  • leocondemi
  • 10 set 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 13 set 2021

Con sentenza del 6.09.2021 la Corte d’appello di Brescia conferma la condanna del Ministero dell’Istruzione al pagamento del compenso accessorio della Retribuzione Professionale Docenti in favore di una docente precaria, titolare di supplenze brevi, assistita dall’Avv. Leo Condemi del foro di Reggio Calabria (Vice-Presidente dell’Associazione denominata “Avvocati di Diritto Scolastico – Associazione Nazionale A.D.S.”),.

E’ interessante la circostanza che, nell’atto di appello il Ministero non ha impugnato la sentenza nella parte in cui ha riconosciuto il diritto della docente al pagamento del compenso, né in relazione alla determinazione dell’importo corrispondente, ma solamente nella parte in cui l’importo determinato non è stato compensato con altri importi percepiti dalla docente.

In particolare, secondo il Ministero la sentenza appellata sarebbe viziata per omessa valutazione dell’effetto compensativo dell’indennità di disoccupazione speciale percepita dalla docente; cioè, per determinare la misura effettiva di un’eventuale discriminazione perpetrata ai danni della docente precaria (rispetto al docente di ruolo) sarebbe necessario detrarre dal credito maturato a titolo di retribuzione Professionale Docenti (R.P.D.) le somme di Indennità Integrativa Speciale che la docente precaria non avrebbe percepito se fosse stata assunta a tempo indeterminato; così operando, si accerterebbe che la supplente avrebbe goduto, in concreto, di un trattamento economico (globalmente inteso) superiore rispetto a quello del lavoratore a tempo indeterminato di pari esperienza e che, dunque, la discriminazione derivante dal mancato riconoscimento del diritto alla RPD sarebbe in concreto compensata dall’indennità di disoccupazione percepita.



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La Corte ha rigettato il motivo d’appello evidenziando che la fattispecie non ha la necessita di “dovere confrontare il trattamento economico spettante al personale scolastico a tempo indeterminato con quello percepito dai docenti a termine e non si pone, dunque, il problema di disapplicare una disposizione dell’ordinamento interno siccome contrastante con il principio comunitario di non discriminazione e di stabilire se una discriminazione si sia verificata in fatto, ma, piuttosto, si pone solo il tema dell’interpretazione della portata della norma della contrattazione collettiva e di stabilire se, alla luce dei principi inderogabili anche del diritto comunitario, la norma possa essere applicata anche in favore dei docenti che abbiano svolto solo supplenze brevi e saltuarie.”

Pertanto, ha confermato la sentenza di primo grado che si è attenuta correttamente all’orientamento della Suprema Corte, secondo cui il principio di non discriminazione non costituisce parametro di verifica della compatibilità della legge nazionale, bensì criterio interpretativo ulteriore e risolutivo di una normativa contrattuale che, anche in forza dei consueti parametri ermeneutici, conduce all’attribuzione della retribuzione professionale docenti ai docenti assunti con contratti di supplenza temporanea.

In conclusione, si prende atto che l’Avvocatura dello Stato accetta pacificamente il diritto dei docenti precari, titolari di supplenze brevi e saltuarie, al riconoscimento della R.P.D..

All’esito della sentenza della Corte d’appello di Brescia, il Ministero potrebbe anche evitare di proporre inutili eccezioni di compensazione di trattamenti economici non omogenei.

D’altra parte, atteso che la R.P.D. è riconosciuta in relazione al solo periodo lavorato, non vi è ragione di dedurre quanto percepito dalla docente a titolo di indennità di disoccupazione, che non è in rapporto sinallagmatico con la prestazione lavorativa.

Reggio Calabria, 11.09.2021



 
 
 

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