PRECEDENZA al DOCENTE per ASSISTENZA al GENITORE DISABILE nella MOBILITA’ DOCENTI INTERPROVINCIALE
- leocondemi
- 20 apr 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 21 apr 2021
Il Tribunale di Cosenza, con sentenza del 15 aprile 2021, ha riconosciuto ad una docente il diritto di precedenza nella procedura di mobilità interprovinciale per assistere la madre in condizioni di handicap grave.
Ai sensi dell’art. 33, comma 5 della L. n. 104/1992 e succ. mod., il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”; a sua volta, l’art. 601, comma 2 del D.lgs. 16.4.1994 n. 297 statuisce che “le predette norme (gli artt. 21 e 33 L. n. 104/1992) comportano la precedenza all’atto della nomina in ruolo, dell’assunzione come non di ruolo e in sede di mobilità” .

E’ evidente che il diritto di scelta della sede di lavoro più vicina al proprio domicilio non è assoluto; tuttavia, richiedendo l’inciso “ove possibile” un adeguato bilanciamento degli interessi in conflitto, il diritto di scelta cede il passo solamente ove risulti incompatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro, in quanto in tali casi potrebbe determinarsi un danno per la collettività (Cass. 829/2001, 12692/2002; Cass. civ. Sez. Unite Sent., 27.03.2008, n. 7945).
Pertanto, l’art. 13 par 4 del CCNI sulla mobilità del personale docente, educativo ed ATA, secondo cui “...Successivamente viene riconosciuta la precedenza per l'assistenza al coniuge (8) e, limitatamente ai trasferimenti nella stessa provincia, al solo figlio individuato come referente unico che presta assistenza al genitore disabile in situazione di gravità.” ed il successivo art. 14 del CCNI prevede che “il personale scolastico (parente, affine o affidatario) che intende assistere il familiare ai sensi dell’art. 33, commi 5 e 7, della legge n. 104/92, in qualità di referente unico, non è destinatario di una precedenza nell’ambito delle operazioni di mobilità; al fine di realizzare l’assistenza al familiare disabile, il personale interessato partecipa alle operazioni di assegnazione provvisoria, usufruendo della precedenza che sarà prevista dal CCNI sulla mobilità annuale” devono essere disapplicate per violazione della norma imperativa del citato art. 33 l. 104/1992 e succ. mod., come interpretato dalla Suprema Corte di Cassazione, anche alla stregua della normativa sovranazionale e comunitaria.
E’ di rilevante importanza evidenziare il richiamo che il Giudice del Lavoro fa alla sentenza n. 25379/2016 della Suprema Corte (si trattava di trasferimento in altra città di un lavoratore che stava assistendo soggetto portare di handicap non riconosciuto grave), in cui affermava il principio secondo cui "la disposizione dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, laddove vieta dì trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile, deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati - alla luce dell'art. 3, secondo comma, Cost., dell'art. 26 della Carta di Nizza e della Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 sui diritti dei disabili, ratificata con legge n. 18 del 2009 - in funzione della tutela della persona disabile. Ne consegue che il trasferimento del lavoratore è vietato anche quando la disabilità del familiare, che egli assiste, non si configuri come grave, a meno che il datore di lavoro, a fronte della natura e del grado di infermità psico-fisica del familiare, provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive ed urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte". Pertanto, secondo la Cassazione, il Giudice di merito non avrebbe dovuto fermarsi alla mancanza di documentazione proveniente dalle USL sull'invalidità grave della madre della ricorrente ma procedere ad una valutazione della serietà e rilevanza (sotto lo specifico profilo della necessità di assistenza) dell'handicap sofferto (eventualmente sulla base della documentazione disponibile) a fronte delle esigenze produttive sottese al trasferimento.
Concludendo, la Suprema Corte si pronunciava sul divieto di trasferimento del lavoratore; tuttavia, deve ritenersi che, anche in relazione all’assegnazione del posto di lavoro, il diritto del disabile all’assistenza – tramite il trasferimento del familiare nel luogo il più vicino possibile al domicilio dell’assistito – sia un diritto assoluto, tanto da determinare un’interpretazione restrittiva dell’inciso “ove possibile” di cui all’art. 33 cit., tale cioè da comprendere in detta accezione solo i casi di insussistenza di alcun posto di lavoro scoperto nel luogo di lavoro in oggetto, ma certamente non il contemperamento di esigenze di diversa natura di altri lavoratori, che pure aspirino all’assegnazione di quel posto, non usufruendo della preferenza ex art. 33 cit..
Reggio Calabria, 21 aprile 2021
Avv. Leo Condemi


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